Quella che segue è la prima di 3 parti di un saggio di Armando Luisi, docente della scuola di Counselling G.Ri.Fo., dal titolo “Paura e Libertà”, che abbiamo la fortuna di pubblicare sul nostro Blog per offrirvi un nuovo punto di vista sulla funzione del Counselling.
PREMESSA
Queste considerazioni su paura e libertà non hanno la pretesa di essere la sintesi del pensiero di illustri terapeuti, filosofi o counsellor. Sono solo appunti di vita, riflessioni scritte su esperienze vissute direttamente o sentite raccontare; annotazioni del tutto soggettive, anche se talora sorrette da citazioni che mi supportano nelle mie convinzioni e mi fanno sentire in buona compagnia.
Attingo dalla PNL umanistica, dalla psicologia umanistica e da quei padri del counselling che pongono al centro della loro attenzione l’uomo come valore in sé, che credono nelle risorse possedute da ciascuna persona per attualizzarsi pienamente, per divenire quello che ciascuno potenzialmente è.
Credo che ogni persona possieda l’energia e le risorse per svilupparsi pienamente nella sua direzione unica. Il counselling può essere l’opportunità che le viene offerta perché questo sviluppo si realizzi in pienezza e senza ostacoli. La relazione d’aiuto può essere lo spiraglio di luce che fa crescere la pianticella rigogliosa, verde, robusta e la fa andare nella direzione dalla quale la luce proviene.
Facendo nostra un’immagine utilizzata da James Hillman per l’insegnante e il giardiniere, il counsellor si prende cura, dissoda, incoraggia, concima, sostiene e osserva sereno e soddisfatto la pianticella che cresce nella sua unica modalità e direzione, senza lasciarsi prendere dalla tentazione di imprigionarne lo sviluppo in un modello particolare (che poi sarebbe quello al quale il counsellor stesso appartiene).
Nel counselling, a mio parere, non ci sono trasferimenti di risorse e di energie. Non c’è travaso, c’è, piuttosto, ricerca comune, utile al counsellor e al suo cliente, ricerca di nuove strategie, di sicurezze, di creatività, di libertà.
Sono soprattutto le strategie che sostengono la motivazione e nutrono la convinzione di autoefficacia (Albert Bandura). Nel momento in cui il cliente scopre di non essere capace può entrare nel circolo vizioso di:
- riduzione della performance,
- calo della motivazione,
- aumento della convinzione di non essere capace o di non essere degno.
Le strategie sono sequenze di rappresentazioni mentali – schemi neurologici – che permettono l’azione (i comportamenti). Senza le strategie, il perché fare le cose (il riferimento ai valori e agli scopi) e le stesse cose da fare diventano inutili.
La ricerca di nuove e più efficaci strategie può invertire il circolo vizioso e promuovere una positiva immagine di sé.
Per sperimentare nuove e più efficaci strategie occorrono volontà e coraggio: la volontà fa riferimento alla convinzione personale non coartata; il coraggio è importante per rischiare nuovi percorsi, nuove strade, per affrontare le vie impervie che portano alla ricerca del vero sé.
Il counsellor, dice Rollo May, aiuta il cliente nella ricerca del suo vero sé e a trovare il coraggio di essere quel sé.
Il counselling è un percorso che vuole aiutare le persone a essere se stesse, ad accettarsi, a rinunciare a voler essere diversi, ad accettare la responsabilità delle proprie azioni.
Non può esistere libertà senza responsabilità. Per questo inizierò parlando della responsabilità
LA RESPONSABILITÀ
Troppe volte sentiamo espressioni che si rifanno a principi deterministici per giustificare ciò che accade. Spesso chi si rivolge a noi tende a scaricare su qualcun altro la responsabilità di quello che gli succede (genitori, insegnanti, compagni …).
Non è da trascurare che i problemi che si affrontano nella vita abbiano fra le loro cause anche fattori esterni a chi li vive (che vi siano contesti che fanno ammalare sembra ormai ampiamente accettato). Ma come mai non tutti si ammalano? E come mai non tutti reagiscono allo stesso modo al medesimo contesto?
Possiamo ritenere che esista un grado di autonomia personale esercitabile in ogni condizione.
Qualunque sia il contesto di vita, è presente un certo grado di responsabilità individuale, di risposta personale o di sviluppo creativo.
Epitteto, nel suo Manuale, scriveva che gli uomini non sono angosciati dalle cose ma dalle opinioni che si fanno su di esse.
Albert Ellis ha costruito un modello psicoterapeutico (Terapia Razionale Emotiva – poi anche Comportamentale) a partire dal pensiero degli stoici.
Se il problema è causato dall’opinione che mi faccio, forse posso apprendere a risolvere il problema cambiando l’opinione. Elimina l’offesa ed eliminerai il sono stato offeso – scriveva Epitteto.
Secondo Gregory Bateson, in ogni essere vivente è presente una propria fonte di energia interna (che egli chiamò energia collaterale) la quale interviene a influenzare le risposte che l’individuo fornisce agli stimoli esterni.
Lo stimolo A, quindi, non produce in maniera deterministica la risposta B. La risposta a uno stimolo A è solo parzialmente determinata dalla natura dello stimolo; essa dipende in gran parte dall’energia interna posseduta e messa in campo da chi riceve lo stimolo A.
Sul piano comunicativo, la pragmatica della comunicazione umana ripropone la stessa dinamica non deterministica quando mette in rilievo la possibile distanza fra le intenzioni di chi parla e la percezione di chi ascolta. Tale distanza e la natura non deterministica dello scambio comunicativo sono sintetizzati nel principio secondo il quale Il significato della comunicazione risiede nella risposta data dal ricevente, non nell’intenzione dell’emittente.
L’attenuazione dell’ottica deterministica e l’accento posto sul ruolo assunto dal ricevente nel mettere in campo le risposte emotive e comportamentali hanno più volte spinto Albert Ellis a dire di essere stanco di sentire che la responsabilità dei problemi attuali dei suoi pazienti fosse dei genitori, degli educatori, dei parenti, degli incontri dell’infanzia. Parlare in questo modo significherebbe andare avanti con lo sguardo rivolto all’indietro. A tale proposito nella RET si è coniata l’espressione Gooney Bird Sindrome, con riferimento all’uccello che vola al contrario, all’indietro.
Cesare De Silvestri scriveva: “Il passato non c’è più, e può darsi che il futuro non arrivi mai. Ma un modo di avvelenarci il presente è quello di pensare che il passato sia una determinante assoluta del presente e del futuro, e che se una volta qualcosa ha avuto una forte influenza sulla mia vita, allora deve continuare ad avere per sempre lo stesso effetto.
Accettiamo pure il fatto che il passato sia importante e che possa in certo modo influenzarci anche oggi. Però rendiamoci anche conto che il presente rappresenta il passato del nostro futuro e che lavorando vigorosamente a cercare di cambiarlo possiamo rendere il domani notevolmente diverso e migliore di oggi”.
Il counselling può aiutarci a rivedere i modelli meccanicistici che abbiamo utilizzato in passato e ad assumerci gradualmente la responsabilità di quello che ci accade.
Scriveva La Fontaine nella favola “La fortuna e il ragazzo”
Tornando dalla scuola un ragazzino,
si pose a sonnecchiar soavemente
sopra l’orlo d’un pozzo assai profondo.
Ogni cosa ai ragazzi è un buon cuscino.
Se un vecchio fosse stato sì imprudente,
o un padre di famiglia,
scommetto che sarìa cascato in fondo.
Fortuna volle che la dea Fortuna
passasse a lui vicino,
e assai cortesemente lo svegliò.
– Mio caro, – disse, – ascolta,
non esser sì imprudente un’altra volta,
perché sempre vicina non sarò.
Se tu cadi la colpa mia non è,
ma la gente la piglia poi con me -.
La responsabilità della eventuale caduta sarebbe stata data alla dea Fortuna, non al ragazzino imprudente. Così come, nei modelli deterministici, dice Rollo May, la responsabilità dell’aver rubato una mela sarebbe data al fatto di avere fame: “non sono stato io a rubare la mela, ma la mia fame”.
Responsabilità indica l’attitudine a rispondere, la capacità di rendere conto delle proprie azioni e dei propri comportamenti esplicitandone le ragioni e subendone le conseguenze. Responsabilità fa riferimento all’esercizio di una facoltà, a una possibilità di risposta personale, alla disponibilità a fare la propria parte e a reagire alle situazioni di vita in cui ci si trova.
Di che cosa si ha bisogno per essere responsabili?
Insegnanti e genitori spesso di pongono questa domanda, soprattutto quando si confrontano con atteggiamenti di studenti e figli che essi ritengono poco responsabili.
Per farvi fronte, il dibattito si sposta inevitabilmente sugli stili educativi, sui quali occorre necessariamente che scuola e famiglia trovino un’intesa.
L’adozione di uno stile autorevole sembra rispondere all’esigenza di promuovere autonomia e responsabilità nei figli/studenti. L’autonomia si promuove solo permettendo di sperimentarla, non la si insegna attraverso una tradizionale lezione ma la si mette in pratica come un’esperienza di laboratorio.
L’autonomia (anche se supportata e regolata) nutre di sé la responsabilità e la possibilità di accettare le conseguenze del proprio comportamento.
Sono stati promossi e sperimentati molti interventi organizzativi e didattici che fanno leva su responsabilità e conseguenze e che prevedono l’effettivo esercizio di spazi crescenti di autonomia personale nella gestione del proprio tempo e dei propri compiti.
Ciò che accomuna le proposte che hanno conseguito i migliori risultati è la convinzione (suffragata sperimentalmente) che non si possa agire responsabilmente ed essere disponibili a fare la propria parte, nelle esperienze nelle quali si è coinvolti, se non si ha la libertà di valutare la situazione, di decidere e di agire.
L’autonomia e la responsabilità sono costrutti imprescindibili della libertà.
Non può esserci autonomia né responsabilità senza libertà.
La costrizione, l’imposizione, l’esercizio di un’autorità esterna privano la responsabilità dei suoi caratteri peculiari i quali, a mio parere sono:
- l’esercizio di una facoltà, di una possibilità (c’è sempre una scelta fra varie alternative) [1];
- la possibilità di spiegare le ragioni dei propri comportamenti (motivare la propria scelta);
- la possibilità di meritare (subire le o godere delle) conseguenze delle proprie azioni (chi è responsabile delle proprie azioni può subirne le conseguenze – ma può anche meglio gustarne gli esiti, se positivi).
Di che cosa si è responsabili? Lo si è
- del fare e del non fare, delle proprie azioni e delle proprie omissioni, non solo del male commesso, ma anche del bene che non si è fatto (Voltaire);
- dell’ascolto attivo e dell’ascolto passivo;
- della menzogna e della maldicenza attivamente trasmesse e di quelle ascoltate con o senza accondiscendenza. Come recentemente ha dichiarato Enzo Bianchi in una sua lectio magistralis su Verità e Menzogna, è responsabile della menzogna anche chi si limita ad ascoltarla senza trasmetterla ad altri. Le parole prendono senso, cominciano a produrre effetti, quando vengono ascoltate/lette e il senso che producono non è prevedibile;
- delle svalutazioni degli altri operate per affermare se stessi, a causa del senso di inferiorità personale: “Quale senso di inferiorità ho dentro di me, che mi debba far svalutare un altro per sopravvalutare me stesso?”, dice Rollo May.
Per Rollo May, salute mentale significa proprio il recupero del proprio senso di responsabilità e, quindi, della propria libertà (creativa). Esiste, egli dice, un livello di responsabilità personale di risposta agli stimoli che costituisce il grado di salute mentale, cioè la capacità di plasmare in maniera creativa gli elementi della vita.
Questa capacità di risposta creativa è direttamente proporzionale all’aumento del potenziale di libertà personale.
Il proprio grado di libertà si può plasmare, può aumentare. Con il suo potenziamento diventa più facile accettare la responsabilità della propria condotta e degli esiti della propria vita.
Il counsellor può aiutare il cliente a potenziare il suo grado di libertà, diremmo, con Hillman, a rendersi libero da altri poteri, siano essi quelli che agiscono in lui tramite ingiunzioni connesse con il suo copione di vita, oppure pressioni dirette esercitate dall’esterno, oppure ancora convinzioni e paure personali.
Il potere delle ingiunzioni agisce sui permessi che chi le subisce non è in grado di concedersi. Se non ci si può consentire il permesso di essere fragili, di prendersi il tempo necessario per fare le cose, di essere imperfetti, di fidarsi … non si può essere liberi nel rispondere.
Chi non può concedersi permessi non può dirsi libero.
Il potere delle pressioni esterne può manifestarsi con le sembianze
- della sottomissione forzata (bullismo, prevaricazione, minaccia, stato di polizia);
- dell’omologazione, dell’accumulo, dell’apparire (che distolgono dalla ricerca della propria forma di vita – Jung);
- del discredito, della maldicenza, della violenza oggi così di moda a causa di un disinvolto e acritico utilizzo dei mezzi di informazione e dei social network. Viviamo in un’epoca nella quale l’informazione è uno dei più potenti strumenti di manipolazione delle convinzioni: informazioni false e mezze verità, il discorso spostato dai contenuti alla squalifica delle persone tendono a manipolare le menti e a diffondere un pensiero uniforme, unico, fragile, debole. Contro questo progetto, occorrono un risveglio delle coscienze e la riappropriazione del diritto alla diversità e alla convivenza nella diversità.
Timeo hominem unius libri – scriveva S. Agostino – Diffida di chi ha letto un solo libro, di chi ha conoscenze limitate, di chi riduce tutto a una sola cosa. La complessità non si affronta con l’utopia dell’uniformità. La complessità non può essere ridotta a cosa semplice, come vorrebbe il pensiero debole che cerca di affermarsi con frasi fatte e slogan che agiscono solo come suggestioni bypassando la ragione.
Oggi, l’utilizzo acritico dei nuovi strumenti di comunicazione rappresenta una grave minaccia per la libertà personale, per l’esercizio dell’autonomia e per lo sviluppo della responsabilità personale, anche se tali mezzi vengono presentati nelle forme di sirene invitanti che promettono libertà, democrazia e felicità. In realtà gli strumenti sono neutri, è il loro modo di utilizzarli che li può rendere fattori protettivi o fattori di rischio.
[1] Richard Bandler, linguista, cofondatore della PNL, dice che chi ha una sola scelta è un automa, chi ha due scelte è in un dilemma, chi ha tre o più scelte è una persona libera
Armando Luisi, Ex Dirigente scolastico, Gestalt Counsellor e Formatore Professionale, Master Trainer PNL. Ha svolto per dodici anni attività di ricerca e formazione presso l’IRRSAE (poi IRRE) dell’Emilia Romagna.