Provate ad alzare il dito indice, decidendo liberamente se alzare il destro o il sinistro. Un secondo prima della vostra decisione, niente e nessuno potrebbe prevedere quale dito alzerete, giusto? Ne andrebbe della vostra libertà, se scopriste che l’esito della vostra decisione può essere previsto prima che voi decidiate? Lo studio della natura, però, ci insegna che nulla avviene senza una causa, e in generale il mondo è deterministico, cioè il futuro è determinato dallo stato di cose precedenti. Quindi un’osservazione precisa dello stato del mondo potrebbe permettere di prevedere in anticipo anche l’esito di quella che sembra una libera decisione. Come si conciliano questo determinismo e la nostra sensazione di libertà della scelta? Il conflitto fra la necessità che osserviamo reggere la natura e la nostra sensazione di essere liberi è il problema del libero arbitrio.
Una soluzione del problema, io credo la soluzione giusta, è presentata in una delle più belle pagine della filosofia di tutti i tempi: la Seconda Proposizione, e il relativo “Scolio” (commento), nella Parte Terza dell’Etica di Baruch Spinoza. Secondo Spinoza, mente e corpo non sono entità differenti. Sono due modi di descrivere concepire la stessa entità, ed entrambe sono guidate dalla necessità. Da dove viene l’illusione che le nostre scelte siano “libere”? La risposta di Spinoza è semplice e folgorante: viene dal fatto che ignoriamo le cause complesse che ci hanno portato alla scelta. “Libero arbitrio” è il nome che diamo le nostre azioni delle cui cause non siamo consapevoli. Spinoza osserva che la complessità del nostro corpo (oggi diremmo del nostro cervello) è molto grande. Se potessimo conoscere in dettaglio il funzionamento, vedremmo che prima della “libera” decisione, era già in corso una catena di eventi fisici di poter avere un esito solo.
Oggi, trecento cinquant’anni più tardi, esperimenti recenti nel campo della neuroscienza vengono a portare un sostegno inaspettato alle idee di Spinoza, aprendo un dialogo serrato affascinante tra filosofi e neuroscienziati. Un esperimento di questo genere è stato realizzato da John-Dylan Haynes al centro Bernstein per la Neuroscienza Computazionale di Berlino, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Neuroscience”. Haynes ha usato la risonanza magnetica funzionale, cioè la macchina che “fotografa” l’attività elettrica del cervello, per osservare l’attività cerebrale di diverse persone mentre decidono. I soggetti dell’esperimento dovevano scegliere liberamente se schiacciare un pulsante a destra oppure una sinistra. Il risultato sorprendente è che l’osservazione dell’attività cerebrale precedente al momento della decisione permette di prevedere in anticipo quale decisione verrà presa. Un anticipo che arriva fino quasi a una decina di secondi! In altre parole, nel momento in cui voi decidete “liberamente” se alzare il dito destro o quello sinistro, dentro il vostro cervello la decisione è già determinata dalla biochimica, a vostra insaputa, da almeno una decina di secondi. Sembra che succeda esattamente quello che Spinoza aveva ipotizzato: la sensazione di prendere una decisione consapevole appare non essere altro che un effetto psicologico successivo agli eventi biochimici che hanno già determinato l’esito della decisione. Patrick Haggard, neuroscienziato allo University College di Londra, commenta così sull’ultimo numero di “Nature”: “Pensiamo di scegliere ma in realtà non scegliamo nulla“. Io direi piuttosto che quello che chiamiamo “scegliere liberamente” è proprio il complesso calcolo che avviene nel nostro cervello. I problemi aperti da questi esperimenti sono di carattere sia neuroscientifico sia filosofico ed etico. Per una grande parte della filosofia contemporanea, il problema del libero arbitrio non si pone più nei termini della dualità fra corpo e mente ipotizzata da Cartesio, secondo il quale la mente agirebbe sulla realtà fisica del corpo per mezzo di una speciale ghiandola nel cervello. Molti filosofi oggi non hanno difficoltà ad accettare la tesi Spinoza sul libero arbitrio. Ma se libero arbitrio è, in questo senso, illusorio, cosa resta della responsabilità individuale? Se chi commette un crimine non ha deciso liberamente, dovremmo trattenerci dal punirlo? La risposta, a me sembra, ovviamente è no. Mettere in prigione i criminali resta pratica efficace per la società, sia per difendersi da altre azioni della stessa persona, sia per prevenire il crimine di altri, anche (se non ancor più!) in modo deterministico.
Il punto importante, io credo, è il fatto che la nozione di libero arbitrio resta utile proprio perché non conosciamo le cause microscopiche complesse del nostro comportamento. Il nostro comportamento è di fatto imprevedibile, per la complessità, se non anche per gli aspetti caotici o addirittura quantistici, della nostra biochimica. La nozione di scelta libera, anche se è una nozione approssimata e basata sull’ignoranza delle cause, resta quindi la più efficace per pensare a noi stessi, come voleva appunto Spinoza. Ma tutti noi, anche se messi di fronte all’evidenza di una macchina che prevede in anticipo quale dito decideremo di alzare, possiamo accettare facilmente che il nostro caro libero arbitrio, se preso alla lettera, sia in fin dei conti un’illusione? Oppure siamo troppo attaccati al nostro misero orgoglio di decisori, alla retorica della libertà dello spirito, per accettare l’idea? Spinoza stesso, nell’Etica, ci suggerisce la risposta: “Stento a credere che gli uomini possano indursi a riflettere su tutto ciò con equanimità, così fermamente sono persuasi che solo per solo comando della mente il corpo ora si muova ora sia fermo…“.
tratto da C. Rovelli “Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza”. Articolo apparso su “Domenica” del “Sole 24 Ore”, 18 settembre 2011. Neuroscienza e filosofia. Esperimenti sul cervello rinforzano la tesi di Spinoza: il libero arbitrio in senso stretto è un’illusione.